20 Feb La tredicesima estate
Beisler, Gabriella Sköldenberg
Traduzione: Samanta K. Milton Knowles
Penso che non ci sia nulla di più morbido e limpido di una vacanza estiva in campagna a casa dei nonni. Sono i giorni in cui si spezza il ritmo consolidato durante l’anno e fatto di quotidianità familiare, scuola, amici. Sono i giorni in cui avere un respiro più ampio, rilassato, in cui centrarsi su se stessi, scoprendosi, crescendo, assieme ad adulti accoglienti, attenti.
Non per Angelica e Sandra, che maturano durante l’estate un rapporto soffocante e ombroso. Sono cugine, nate lo stesso giorno a un anno di distanza l’una dall’altra. E’ subito chiaro che il loro è un rapporto con molte ombre, di prevaricazione manipolatoria l’una a scapito dell’altra, di grande fragilità da parte di entrambe, e chiaro lo è non solo dagli eventi, che si muovono concatenati, tenuti assieme da una angoscia pressante, ma anche dal timbro, dal tono, dal flusso uniforme e compatto di impotenza che mette il lettore nella condizione scomoda di non avere esso stesso scelta. Si intuisce la forza degli eventi, la potenza drammatica delle scelte, delle omissioni, delle fragilità degli adulti, mossi da una spinta accogliente e cieca d’affetto; si vorrebbe avere la capacità di intervenire nelle maglie della narrazione, da esterni, lettori adulti e dotati di un punto di vista oggettivo sui fatti, si vorrebbe, mettere in guardia, scrollare gli sguardi, e invece bisogna leggere e subirli, impotenti.
Ci sono protagoniste magnifiche, d’effetto, imperfette e problematiche. Verso la loro rovina, senza catarsi, ci guidano gli eventi, il cui filo è rotto solo di tanto in tanto dai salti spazio/temporali della narrazione. Ciononostante ritengo che un lettore adolescente, possa riconoscere nella tredicesima estate della protagonista, Angelica, anche il tumulto, il subbuglio, l’incertezza, la paura che adombrano talvolta l’adolescenza.
La veste grafica sminuisce un romanzo molto potente, di Gabriella Skondelberg edito da Beisler con la traduzione di Samanta K. Milton Knowles. Con la postfazione di Marco Dallari.